Decisive la jella e la scelta del Gila, assurdo Martin dentro e Vasquez fuori
Se le partite durassero 75 minuti, il Genoa conterebbe quattro punti in più. Purtroppo cambiano gli avversari e le dinamiche, ma non il risultato. Per tre volte consecutive la fetta conclusiva delle partite è stata fatale ai rossoblù, e se la doppia rimonta del Napoli è derivata dal talento puro degli attaccanti avversari, a Torino e a Lecce il pareggio è sfumato in modo irridente, quando ormai appariva in saccoccia (data la modestia delle offensive rivali) anche per via di clamorosi errori.
Anche in Salento ha pesato enormemente un'ingenuità. Non nello sviluppo dell'azione decisiva, viziata soltanto da una jella atroce (Martinez era sulla traiettoria della conclusione non irresistibile di Oudin la ma deviazione di Frendrup lo ha spiazzato), ma da un presupposto pagato a prezzo carissimo. Sì perché il Genova stava giocando in inferiorità numerica dal 36', quando Martin, già ammonito, è franato addosso ad Almqvist, che lo aveva praticamene saltato,meritando ampiamente il secondo giallo. Vero che l'arbitro Rapuano, nei minuti precedenti, era stato fiscale solo nei confronti dei difensori genoani, ma come poteva sorvolare sula palese scorrettezza del mancino spagnolo?
E qui s'innesta la scelta improvvida di mister Gilardino, che ha preferito nell'undici di partenza Martin a Vasquez ben sapendo che il funambolico svedese era in testa – con Gudmundsson – alla classifica di serie A dei dribbling riusciti e rappresentava un pericolo pubblico.
Nella ripresa il messicano, finalmente gettato nella mischia, ha offerto una prestazione superlativa moltiplicando i rimpianti di una tifoseria che unanimemente non riesce a spiegarsi la mossa autolesionistica del trainer biellese, reo di aver ignorato che Martin è soltanto un buon esterno della cinque e come terzino puro, se opposto ad un attaccante guizzante, va in crisi.
In undici contro undici, la gara avrebbe avuto ben altro sviluppo, senz'altro più favorevole al Grifone. La sofferenza autentica è durata il primo quarto d'ora, in cui il ritmo superiore e l'abilità negli spazi brevi mostrati dai giallorossi hanno costretto il Genoa sulla difensiva e con parecchi falli a carico. Una sola, però, la palla gol costruita dai locali e fallita d testa dal centravanti Krstovic.
Superato il momentaccio, la coppia Badelj-Strootman, prima ancora che Gilardino, ha assestato alla grande l'assetto genoano e la furia leccese è andata via via diminuendo sino a spegnersi quasi totalmente. Già a metà tempo la sfida era totalmente sotto controllo, e la sola emozione sino al riposo è stata di marca rossoblù grazie ad un'accelerata di Gudmundsson sventata alla disperata in calcio d'angolo.
Poi il cartellino rosso di cui sopra, e l'ascesa del Grifone è stata bruscamente interrotta. Si temeva un fioccare di palle-gol di marca leccese, ma invece il patimento non è mai stimato atroce, sia nell'ultimo spezzone prima dell'intervallo sia in una ripresa ovviamente contrassegnata da un dominio territoriale giallorosso. Mai che Martinez dovesse ergersi a protagonista.
Come a Torino la Maginot genoana reggeva senza particolari crepe e davvero non si ipotizzava un verdetto conclusivo differente dallo 0-0. Bravissimi, in tutti quei minuti, non solo i difensori ma anche i centrocampisti e persino Retegui, latitante in zona d'attacco per totale mancanza di rifornimenti ma commovente nel correre da un avversario all'altro per coprire sulla trequarti.
Purtroppo, come già evidenziato, manca nella rosa un autentico vice Badelj, sicché quando il croato, stremato, è stato sostituito, si è rivisto Hefti. L'errore alla rovescia di Torino. Probabile che si tratti di una semplice coincidenza, stavolta senza colpe specifiche dello svizzero, ma questo cambio non è stato propizio e, una vota maturato lo svantaggio, la contesa è praticamente passata agli archivi nonostante i cambi operati da Gilardino (dentro Malinovskyi, ancora una volta escluso dalla formazione iniziale) e i tentativi disperati di tutta la squadra per scongiurare la seconda sconfitta stagionale.
Lo stellone, va ribadito, ha decisamente voltato le spalle al Vecchio Balordo, che almeno a livello difensivo avrebbe meritato ben altro premio, ma qualche carenza è senz'altro da eliminare. Siamo agli inizi e ci sarà modo per risalire la corrente, ma certi episodi servono ad aprire gli occhi e ad abbassare la cresta di quella porzione di tifoseria che aveva già iniziato a voltare lo sguardo verso le zone nobili della classifica, dimenticando quale debba essere il cammino di una neopromossa.
PIERLUIGI GAMBINO