Dragusin, un lampo nel buio e il Genoa è a +6 dal baratro
di Pierluigi Gambino
In tribuna Retegui, spettatore non pagante Gudmundsson, tocca al terzo fuoriclasse di casa Gilardino, il tuttofare Dragusin, risolvere una pratica delicatissima e proiettare il Grifone a sei punti dalla zona baratro. Il Verona, tecnicamente la compagine meno attrezzata della categoria, si arrende al secondo sussulto dei padroni di casa e nella ripresa, dopo aver rischiato altri dispiaceri, costruisce due nitide palle-gol, insufficienti a reclamare i diritti su un risultato meno confortante.
Per quaranta minuti si assiste all'anticalcio. Il Genoa è un filo più intraprendente, ma il portiere ospite non è mai chiamato al lavoro. Ekuban, prescelto dal Gila per sostituire l'italo-argentino, non becca mai la palla facendo indispettire i pazientissimi tifosi rossoblù, ma al suo fianco anche il folletto islandese si spegne al cospetto dei marcantoni scaligeri e i centrocampisti ruminano un football lento, prevedibile, senza idee.
Poi, verso l'intervallo, la gara si accende improvvisamente. Prima il bistrattato Ekuban centra in pieno il montante con un diagonale ravvicinato e nel prosieguo Magnani annulla sulla linea il tap-in di De Winter, subentrato da qualche minuto allo “stirato “ Bani. Un minuto più tardi, col Verona stranamente e colpevolmente sbilanciato in avanti, è Haps a servire con un apprezzato scavetto Dragusin, rimasto in area gialloblù, l'assist per l'1-0, ottenuto con una bordata terrificante. Ai punti ci sta anche il vantaggio registrato all'intervallo, visto che se i padroni di casa hanno fatto pochissimo per conquistarlo, i veneti hanno espresso solo il vuoto pneumatico. Ma lo spettacolo ha profondamente latitato.
Più vivace ma tutt'altro che godibile la ripresa, decollata col Genoa padrone del campo. L'infortunio muscolare occorso a Ekuban costringe il tecnico rossoblù a schierare la riserva del centravanti di riserva, il discusso Puscas, che prima, lanciatissimo in contropiede verso Montipò, si fa raggiungere da Amione guadagnando un misero corner e poi, in piena area, corregge in bocca al guardiano veronese una conclusione di Haps: altra occasionissima nel cestino.
Alla mezz'ora ci prova ancora Sabelli, impegnando l'attento numero uno rivale: si tratterà dell'ultimo sussulto del Grifo, da quel momento accartocciato nella propria area un po' per scelta e molto per la prorompente fisicità di un Verona rudimentale e inefficace con la palla a terra ma dominatore nel gioco aereo con i suoi corazzieri. Rispetto al solito, Badelj e Strootman tengono botta e alle loro spalle Dragusin giganteggia, imitato peraltro dal consueto baluardo Vasquez e anche da De Winter.
La muraglia genoana rischia però di capitolare due volte: dapprima il montante dice di no al tentativo di Terracciano e subito appresso l'autoritaria incornata di Djuric trova la perentoria risposta di un maiuscolo Martinez, alla prima e unica reale parata di tutto l'incontro.
L'ultimo quarto d'ora segna un sostanziale equilibrio, col Verona monocorde nell'affidarsi ai lanci lunghi e ai palloni alti e il Genoa che si affaccia ogni tanto oltre la metà campo ma – frenato dalla serataccia di Gidmundsson e dai limiti arcinoti di Puscas - non approfitta degli ampi spazi a disposizione.
La vittoria va comunque in porto, e pazienza se non si è trattato di una prestazione da rimandare ai posteri. Non sempre l'avversario di turno si rivelerà così scombiccherato come il Verona di un Baroni ormai ai saluti, ma nei prossimi match, senz'altro più impegnativi, Gilardino dovrebbe riabbracciare i gemelli del gol, stavolta assenti (seppur per diversi motivi) e rivelarsi così ben più competitivo.
PIERLUIGI GAMBINO