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Genoa, tre punti usciti dal nulla finalmente con due punte

di Pierluigi Gambino

In serie A si sale anche così: soffrendo le pene dell'inferno, esprimendo un calcio inguardabile, perdendo addirittura sul fronte del possesso palla. Per almeno ottanta minuti, il pareggio era strettissimo per un Venezia schierato in modo ottimale: inizialmente prudente e poi coraggioso e intraprendente dopo aver capito che il Grifone – inteso come collettivo ma anche come sviluppo delle prove individuali – è incappato in una giornataccia. Come se la sosta el campionato avesse spezzato l'inerzia favorevole delle gare dicembrine tagliando le gambe non a qualcuno ma proprio a tutti i calciatori genoani.

Per la prima volta le scelte iniziali di Gilardino e anche i primi cambi hanno suscito ondate di perplessità. Si è rivisto Mimmo Criscito, al quinto debutto con la casacca più amata, ma invece che come difensore centrale, nel ruolo di esterno sinistro, da lui ricoperto egregiamente ai tempi d'oro, quando l'anagrafe non era impietosa.

Anche l'esclusione di Sabelli sulla fascia destra a pro di Hefti non è parsa azzeccata. Il Genoa, estremamente lento, macchinoso, proteso più ai passaggi indietro che alle verticalizzazioni, ha prodotto qualche spunto decente solo verso il 20', in specie con una bordata di Gudmundsson respinta fortunosamente da un difensore. Lampi nel buio in cui è piombata una compagine involuta e dominata letteralmente dagli avversari sino all'intervallo. 

Per due volte Crnigoj ha accarezzato il sogno del gol: dapprima lambendo il palo con una conclusione al volo e poi – a seguito di una dormita gigantesca di Jagiello, tra i peggiori – costringendo Martinez (preferito a Semper a guardia dei pali genoani) a deviare in tuffo contro la sbarra.

Raramente i rossoblù avevano inscenato una mezza gara così incolore: neppure ai tempi di Blessin, tacciato di difensivismo spunto. Urgeva qualche cambiamento, ma nessuno immaginava che Gila, forse timoroso non di non imporsi ma addirittura di perdere la partita, avrebbe inserito un altro gendarme, Vogliacco, in cambio di Jagiello (oltre a Sabelli per Hefti) e più tardi un mediano, Sturaro, in luogo di una mezza punta, Gudmundssson. La difesa a tre in un match casalingo contro i penultimi della classe era letto come un nonsenso, una rinuncia aprioristica a vincere.

La supremazia dei lagunari intanto scemava via, ma senza che la fase offensiva del Grifo salisse di tono. Troppi erano i giocatori rossoblù scarsamente propensi a costruire e a finalizzare.

A metà ripresa l'ingresso dell'invocatissimo Coda al posto di impalpabile Puscas (pochissimi e innocui i palloni toccati dal rumeno) accendeva una luce fioca nella manovra genoana, che si avvaleva dei suggerimenti proprio del suo cannoniere, ma da qui a pensare ad un successo... Chi avrebbe potuto capitalizzare i suoi assist?

Forse spinto dal suggerimento unanime di tutto uno stadio, mister Alberto, avendo forse capito che pure il Venezia iniziava a mostrare la stanchezza, al 76' inseriva una seconda punta, Yalcin, per un Aramu che, pur autore di una rete annullata per fuorigioco (decisione giusta), non aveva certo raggiunto la sufficienza. Sarà anche un caso, ma all'85', proprio da una sponda aerea del neo-entrato su cross da sinistra di Dragusin, scaturiva l'inopinato successo rossoblù, firmato da Massimo Coda, al settimo sigillo stagionale: tocco di rapina, da tipico centravanti. Ed è inutile aggiungere che il suo tocco vincente dovrebbe aver chiuso ogni discorso in prospettiva legato ad una sua partenza.

I minuti conclusivi, trascorsi in apnea ad assistere alle disperate iniziative dei veneti, è stato un'atroce sofferenza, fortunatamente premiata da un risultato che consente l'aggancio alla Reggina sulla piazza d'onore. Dunque, missione compiuta al di là dei meriti, tre punti raccolti dal nulla, senza aver seminato alcunché di meritevole.

Consoliamoci pensando che peggio di così il Genoa difficilmente giocherà in futuro, ma è lampante che il dio Eupalla non potrà sempre essere così benevolente e che certe sfide casalinghe dovranno essere affrontate riempiendo l'area avversaria con due attaccanti in contemporanea.

                             PIERLUIGI GAMBINO