THE DAY AFTER: E' TORNATA LA COPPIA D'ORO GILA PIU' FORTE DI OGNI GUAIO
Dopo aver corso sull'orlo di una clamorosa crisi di nervi, il Genoa scaccia problemi e polemiche espugnando l'Arechi e raggiungendo il Monza in vetta alla colonna di destra. Una partita capolavoro, che reca parecchi artefici, primo fra tutti Alberto Gilardino, il quale ha dato seguito all'intemerata di sabato contro la società sui temi spinosi del mercato e del campo di allenamento preparando alla perfezione la partita e facendosi beffe di un'incompletezza d'organico che avrebbe steso un toro.
Sul podio, ai lati del mister, la coppia d'oro, tornata a firmare un'impresa davvero fantastica. Retegui, ossequiando la previsione lusinghiera a lui dedicata dall'allenatore alla vigilia, ha esploso mesi di rabbia repressa con una bordata terrificante sotto la traversa che nessun portiere avrebbe potuto intercettare. Il suo gemello Gudmundsson, nella ripresa, ha preso per mano la squadra realizzando con freddezza il rigore del sorpasso e poi irridendo frequentemente i calciatori granata con una serie di riuscitissimi palleggi perditempo.
E dire che il match era decollato sotto i peggiori auspici. Dopo due minuti, Grifo già sotto per una dormita generale, con iniziale errore di Badelj, chiusura fallace di Frendrup sulla fascia destra e immobilismo totale dei centrali sul cross basso per il giustiziere Martegani. A quel punto, come credere ad un risultato differente dalla sconfitta tenendo presenti le enormi difficoltà per varare un undici accettabile? Gilardino, tradito da tutti tradizionali esterni, finiti in infermeria, ha spostato a destra Frendrup, fuori ruolo, e fatto ricorso, sulla sinistra, a Spence, giunto in Liguria da qualche giorno e teoricamente spaesato. Si temeva che il giamaicano potesse accusare un crollo alla distanza ed invece ha retto alla grande offrendo subito un saggio delle sue potenzialità, di corsa e tocco palla.
Il Genoa, catechizzato a dovere dal trainer, ha avuto il merito di non afflosciarsi, pervenendo presto al pareggio con un'azione avviata da Gudmundsson, proseguita da Badelj (per il resto, piuttosto pasticcione e incerto) e conclusa dal sinistro potentissimo del bomber.
I campani hanno provato a reagire, impegnando in un paio di circostanze l'attento Martinez, peraltro protetto magnificamente dal trio di gendarmi Vogliacco-Bani-Vasquez, autori anch'essi di una prova da rimarcare.
Dopo l'intervallo la Salernitana ha insistito, trovando però una fiera opposizione del Genoa, pronto a ripartire, quando possibile. La svolta si è registrata prima dell'ora di gioco grazie ad un colpo di mano galeotto di Lovato in area locale. E qui si è verificata l'unica pagina non edificante della favola genoana: il bisticcio tra i due cannonieri, che si sono contesi il cuoio da posare sul dischetto. Alla fine ha prevalso la... gerarchia (l'islandese primo rigorista), ma quanto pesava quel pallone!
Dieci minuti più tardi tutto il mondo Genoa ha inviato un caldo ringraziamento al designatore Rocchi, che aveva inviato in Campania il principe dei fischietti, Orsato. In un ambiente incandescente, caratterizzato da ogni tipo di provocazione (compreso il lancio reiterato di oggetti dagli spalti all'indirizzo dei giocatori rossoblù) quanti altri arbitri avrebbero respinto ogni condizionamento fischiando il giustissimo fallo dal limite invece che il penalty? Al resto ha provveduto la traversa, che balla ancora dopo la staffilata di Candreva dal successivo calcio fermo.
Correva il 62' e si temeva un finale di gara di assoluta sofferenza per il Grifone, che invece ha controllato da par suo la partita senza più correre rischi nonostante i due cambi forzati in casa ospite: Thorsby per il dolorante Vogliacco ed Ekuban – un'altra punta... - per lo tremato Strootman.
Nonostante le carenze dell'avversario di turno, si tratta – date le disastrose premesse – di un successo capolavoro da inserire negli annali. Nella speranza che i tre punti in più e l'invidiabile posizione in classifica non dissuadano ulteriormente la pigrissima dirigenza genoana a colmare le patenti lacune nella rosa.
PIERLUIGI GAMBINO