Eterno Capitano: Gianluca Signorini
Oggi, 17 marzo 2025, il cuore di ogni genoano batte forte nel ricordo di un uomo che non è mai stato solo un calciatore, ma un simbolo, un Capitano con la C maiuscola. Gianluca Signorini avrebbe compiuto 65 anni, eppure il suo spirito è ancora lì, sotto la Gradinata Nord, negli occhi di chi ha avuto il privilegio di vederlo giocare, nelle lacrime di chi non lo ha mai dimenticato. Ha fatto parte di un Genoa incredibile che Bagnoli aveva reso una preghiera o un mantra: Braglia, Torrente, Branco, Eranio, Caricola, Signorini, Ruotolo, Bortolazzi, Aguilera, Skuhravy, Onorati. Non era la stella di quella squadra, ma ne è diventato il simbolo.
Ci sono momenti che restano scolpiti nella storia di una squadra, di una città. E per il popolo rossoblù, due immagini di Gianluca Signorini sono scolpite nell’anima. Perché l’essenza del Capitano forse è proprio nei suoi momenti di debolezza o sconforto.
La prima è del 4 giugno 1995. Il Genoa ha appena vinto contro il Torino e si è guadagnato lo spareggio per rimanere in Serie A. Dopo il silenzio indescrivibile di chi col fiato sospeso attaccato alla radiolina sta aspettando i risultati da San Siro dove si gioca ancora, il Ferraris è un’esplosione di gioia e tensione: gol dell’Inter all’ultimo assalto e la speranza che ritorna a serpeggiare nei cuori. C’è un uomo che, più di tutti, sente il peso di quella battaglia. Gianluca, il Capitano, spunta dagli spogliatoi e si dirige verso la Gradinata Nord. Si inginocchia, con gli occhi lucidi, travolto dall’emozione. Non servono parole: è l’abbraccio di un condottiero al suo popolo. A ricordare quei momenti ci sono ancora brividi indescrivibili: lo stadio sospeso in un silenzio irreale e poi un’onda sonora impossibile da descrivere…
La seconda immagine è un colpo al cuore. È il 24 maggio 2001, un giorno che nessuno potrà mai dimenticare. Gianluca torna al Ferraris, ma questa volta su una sedia a rotelle. La malattia lo ha colpito, il suo corpo non risponde più, ma il suo spirito è più forte che mai. Il pubblico si alza in piedi, un boato si alza nel cielo di Genova: "C’è solo un Capitano". Lui, guarda la sua gente e lascia un messaggio che è impossibile da dimenticare: "Vorrei alzarmi e correre con voi, ma non posso. Vorrei urlare canti di gioia, ma non posso. Vorrei che questo fosse un sogno dal quale svegliarmi felice, ma non lo è. Grazie a tutti".
Non c’era un solo tifoso che non avesse le lacrime agli occhi. Quel giorno non è stato un addio, ma una promessa: Gianluca Signorini non se ne sarebbe mai andato.
E così è stato. Oggi il Genoa gioca, lotta, sogna con il suo nome nel cuore. La maglia numero 6 non la indossa più nessuno, perché è sua, per sempre. Il centro sportivo porta il suo nome, perché nessuno dimentichi cosa significhi essere Capitano. Ma la verità è che Gianluca Signorini non ha bisogno di targhe o numeri ritirati: lui è dentro ogni genoano che si alza in piedi e canta per la propria squadra, in ogni bambino che sogna di vestire il rossoblù, in ogni cuore che batte forte per quei colori. Perché tifare è quello: amare una squadra, amare dei giocatori, amare incondizionatamente.
Il Genoa è una famiglia. E in questa famiglia, il Capitano c’è. Sempre.
Gianluca, il tuo Genoa e i suoi tifosi non ti dimenticheranno mai.