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Leggero

di Luca Canfora

A volte vorrei sentirmi "leggero". Che la mia autoironia non è superficialità, è pesantezza che non mi dà tregua.

Ma ognuno non può che essere quello che è. A volte ascolto i racconti di chi va cercando se stesso nei modi più buffi, il cammino di Santiago, un viaggio in Tibet, una vacanza bizzarra in qualche posto sperduto. Ho sempre trovato tutto questo divertente ed inutile. Io non riuscirei a scappare dai miei pensieri nemmeno se mi sparassero su Saturno. Il nostro cervello, la nostra arma più potente, la nostra breccia più debole, a me non lascia alcuna possibilità di trovare un posto dove potermi saziare di lui, o dove potermi liberare di lui.

Noi, tutti noi, siamo un pochino quello che siamo anche perché abbiamo scelto un certo modo di esprimerci, ed un un certo punto nello spazio e nel tempo in cui proiettare la nostra anima sul mondo. E non altri modi.

Perfino se uno di questi modi si chiama Genoa, una “sciocca” squadra di football. In fondo mi sta bene la mia città, Superba in origine eppure così difficile, inospitale, ingrata, diffidente. Mi sta bene, è la mia città, ci ho vissuto la mia vita, ho amato, ho sofferto, sono parte della sua aria, sarò parte della sua terra.

Mi sta bene il suo meglio ed il suo peggio, io sono come Lei, io sono Lei. Mi sta bene la sua discrezione, fa parte di me. Mi sta bene la sua confusione, fa parte di me. Mi sta bene la sua provincialità, è la mia. Mi sta bene il suo orgoglio, mi sta bene la sua noncuranza, mi sta bene la sua indipendenza, mi sta bene la sua umiltà. Mi sta bene il peggio che può esprimere. E’ il mio peggio.

Mi sta bene la mia squadra del cuore, sentirei di appartenerle anche se non ci fosse uno stadio in cui entrare, un prato su cui giocare, un calciatore da applaudire, due colori da accarezzare. E’ solo un’idea. Ma è una idea che mi rappresenta, a cui sento di appartenere. Non mi importa che perda, che vinca, mi interessa provare qualcosa.

Tra soffrire e non sentire niente, preferisco di gran lunga soffrire. Il nostro destino è amaro ed atroce anche per questo. Perfino la sofferenza, che nessuno vuole provare e che tanta paura ci fa, contiene il seme della felicità e ne è anzi l’unica sorgente possibile.

Se analizzo la mia vita, ed ipoteticamente metto i parallelo i momenti peggiori e quelli migliori della mia vita al fianco dei momenti peggiori e migliori al fianco del mio Genoa, io quel filo lo vedo, lo sento, lo tocco. Ed arrivo a dire che se il collante tra tutti questi attimi sia costituito dai momenti felici, lo “spessore” è dato senz’altro dai momenti più bui, dai silenzi più insopportabili, dalle cadute più rovinose, dalle paure più arcane, dagli errori più imperdonabili.

Sono tanti i pensieri, i cambiamenti, le delusioni, i dubbi, le cose da rifare, le persone da rivalutare. Verso l'alto, verso il basso. Sono poche le certezze, pochissimi i punti di appoggio. Sto ancora cercando, come forse tutti, l'equilibrio effimero tra profondità e altitudine, tra pensiero e carne, tra speranza e illusione, tra bellezza e miseria, tra terra e cielo.

Forse non è possibile. Sentirsi contemporaneamente "pesante"... e "leggero".

   Luca Canfora