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Sono rimasto indietro

di Luca Canfora

Credo di essere rimasto indietro, su molti fronti. 

Ma non è nostalgia, non è amarezza, e non credo nemmeno sia incapacità di guardare avanti. Anche perché ho sempre trovato retorico e privo di sostanza il concetto di "avanti". Avanti rispetto a cosa? Rispetto a chi? 

Quello che viene dopo, temporalmente, è necessariamente "avanti"? Quello che è accaduto prima, temporalmente, è necessariamente "indietro"?

Voglio essere sincero, come quasi sempre sono, al limite dell'autolesionismo, perché è l'unica cosa di me che apprezzo anche se mi fa male e mi fa stare male. Io non sono ancora uscito da questa fase di chiusura. Accadrà, ma non subito.

Mi si è chiuso tutto. La capacità di ascoltare, la capacità di parlare, il desiderio di affrontare sfide, muri, silenzi, bugie, verità, ostacoli, promesse. 

Le parole, incluse le mie, mi appaiono così ripetitive, scontate, ininfluenti. Le azioni, le persone, così prevedibili, deludenti. 

Siamo quelli che eravamo a marzo? Penso di sì, nè migliori nè peggiori. Non credo nei cambiamenti rapidi. I tempi del Pianeta vanno dai 13,8 miliardi di anni, si ipotizza, alle 16.51 del 26 giugno 2020. Cosa potrebbe realmente cambiare in 107 giorni e qualche manciata di ore? Nulla, nessuno.

Eppure cambiamo, in modo microscopico, ma cambiamo. La vita normale è grosso modo ripresa, con indicazioni di ogni tipo, attenzioni, cautele, e molti problemi, ma è ricominciata. Come previsto da molti medici, sarà una estate abbastanza normale, ne avevamo bisogno.

E' ripreso anche il Campionato di calcio. Certo, è tutto un pochino freddo, malinconico, asettico. Ma io non credo che sia solo per l'assenza delle persone sugli spalti. Io credo che sia qualcosa di diverso. Credo che anche chi non lo ammette, o non ha analizzato la cosa in profondità, sia un pochino cambiato in questo periodo. E sia un pochino "indietro"... anche lui... anche lei... come me.

Come se questo "colpo" non lo avesse ancora del tutto capito, assorbito. Il nostro corpo è qui, ma la testa, l'anima, il cuore, in qualche modo non ha ancora registrato il "tempo" che il nostro calendario ci suggerisce. Come in una sorta di sogno, di flashback, di ipnosi, i sentimenti, i pensieri, le emozioni, non hanno seguito il sangue, la carne che ci portiamo addosso.

Mi sento addosso due persone. Una vuole andare "avanti", una vuole portarsi dietro qualcosa che invece deve... deve... rimanere "indietro". Con il risultato di non potere tornare indietro, e non riuscire ad andare avanti.

Un pochino come il Genoa. La partita è andata male, ma non mi ha fatto male questa volta. Perché il Genoa è esattamente come me. La sua storia fa sì che il tempo "indietro" gli appartenga per diritto, ne sia la sua naturale, poetica, eterna coniugazione. Destinazione. 

Perché il Genoa non riesce, non sa, o forse non vuole andare "avanti".

Forse lo amo perdutamente, infinitamente, quasi mai ricambiato, per questo. Perché siamo fatti della stessa materia.

Il Genoa non è "indietro", il Genoa non è "avanti". Il Genoa è in un qualunque punto del tempo in cui ci sia un pezzo di anima, un brandello di amore per qualcosa, per qualcuno, un attimo di serenità, o perfino di dolore.

Uno scampolo di eternità.

    Luca Canfora