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Voglio il Sogno, o niente

di Luca Canfora

Sono preoccupato come voi. Sono deluso come voi. E sono sicuro che, come gran parte di voi, la delusione è più ampia di una sola partita, un campionato. E' la delusione larga e profonda di chi non ha mai avuto la possibilità di sognare qualcosa di più, e quando per un attimo ha pensato di poterlo fare, ha dovuto smettere. Quasi subito.

Ci ho creduto, ci ho sperato. 

Ma ve lo dico con molta sincerità. Io, quando sogno, e sogno, sogno alla grande, non vado certo al risparmio. Sognare è gratis, sognare è bello, sognare è tutto, e se lo faccio, e lo faccio, io sogno come si deve. Non mi interessa la parte sinistra della classifica, non mi interessa l'Europa League, non mi interessa il quarto posto.

La vita è troppo corta signori, troppo crudele, imprevedibile, e beffarda, per sognare a metà prezzo. Io voglio quello che non si può avere, nel momento in cui è impossibile averlo, nel modo in cui è impensabile averlo. 

Non posso pretendere, e non pretendo, nè da questa Società nè dalla prossima, che realizzi i miei sogni, ma di certo è quello in cui spero. ed in cui credo. Sì ci vuole un pazzo, un pazzo assoluto, probabilmente un genoano pazzo e ricco, ricco sfondato, talmente sfondato da potersi permettere di buttare nel cesso quanti? 200 milioni? 300? Forse 500, forse di più. Io non lo so, sono un Ingegnere, non apro le lettere della mia Banca dal 1996, non le capisco, non le voglio capire, non mi interessano!

Io voglio sognare quello che non si può avere, o non voglio niente! Non lo voglio il polsino del Luna Park, non la voglio la bottiglia di spumante, non lo voglio il peluche dell'orsetto, non mi interessano. Non mi interessa l'Atalanta, il Cagliari, il Napoli.

Voglio un Genoa da sogno, un Genoa da non dormirci la notte, un Genoa per cui non ci sia Media al mondo che non parli del miracolo rossoblu, della magìa che si sta compiendo sotto il cielo Blu di Genova, della squadra che sta rincorrendo la sua Stella dopo quasi cento anni, del Genoa che sta obbligando la Società a costruire un nuovo Stadio con capienza 80 mila posti e mega schermi per tutta la città per assistere alla cavalcata trionfale verso il decimo scudetto della Società più antica d'Italia, dopo un secolo di oblio. Sto parlando di una follia senza precedenti, di una catarsi epocale, di una seduta collettiva degna di essere menzionata come la più grande rivoluzione nella psicanalisi mondiale.

E non mi interessano le conseguenze. Il sogno val bene un fallimento, un crollo verticale, economico, emotivo. Non importa. O tutto, o niente. O adesso, o mai più. 

Per questo mi interesso poco degli errori della Società, di quello che si può fare meglio, di quello che si doveva, e si doveva, fare meglio, di come finirà quest'anno. Perché in fondo io non sono capace di vivere in mezzo, a metà strada tra il sogno ed il niente.

Il Genoa è nel mio cuore, nei miei pensieri, nei miei passi per le strade di Genova, nelle mie risate e nei miei pianti sotto il cielo di Genova, nei miei ricordi, nei miei affetti, negli amici che ho trovato, in quelli che ho perso, in quel sorriso che avevo quando papà mi teneva per mano e vedevo spuntare quello spicchio di prato, sentivo il profumo dell'erba, le voci, i colori, la magìa di un pallone su cui erano posati quei sogni.

Non sono cambiato, e non cambierò. Io non poso i miei sogni e non scendo.

Voglio il Sogno, lo voglio adesso.

O non voglio assolutamente niente, e niente di meno.

Forza Genoa.

   Luca Canfora