Momenti di storia: Gandolfi, un portiere chiamato "Tenaggia"
Quarto appuntamento per la nostra rubrica "Momenti di storia", curata per noi dal grande tifoso e appassionato di storia rossoblù Francesco Venturelli, che come sempre ringraziamo.
Buona lettura:
Gandolfi, un portiere chiamato "Tenaggia"
Domenica di Pasqua del 1953. Il Genoa affronta il Legnano in un incontro decisivo per la promozione in serie A. Gandolfi, portiere di riserva è comodamente seduto in Tribuna a fumarsi una sigaretta. Aspetta l’entrata in campo delle squadre e non immagina nemmeno lontanamente che sarebbe toccato a lui entrare in campo. Improvvisamente si sente chiamare dal basso. E’ il massaggiatore Craviotto:
“Vegni zu –gli dice- che o Nani u nu ghe a fa, ti devi zuga ti, mescite”.
Nani è Franzosi, ex Inter ed ex Nazionale, una sicurezza per i tifosi. Il giovane Gandolfi negli spogliatoi cerca conforto dall’allenatore Ellena che aveva conosciuto quando era nei ragazzi del Torino: “Un esordio così, all’improvviso da un minuto all’altro, io non so se me la sento” gli confida.
“Discorsi inutili –lo fredda Ellena- tra pochi minuti devi andare in campo, altre cose da dire non ce ne sono. Stai zitto e sbrigati. ”
Il boato di Marassi pieno come un pacchetto di sigarette appena aperto, gli fa tremare le gambe. Gli viene in mente che in passato aveva giocato nel Legnano e gli viene paura che se commette un errore i tifosi lo accusino di averlo fatto di proposito. Prende posto tra i pali sotto la Sud. La vista della Nord stipata e ululante gli mette ancora più paura. Poi finalmente si comincia e incredibile a dirsi a Gandolfi basta meno di un quarto d'ora per conquistare i tifosi rossoblù con un applauso di tutto lo stadio. Vediamo come.
Col punteggio ancora sullo 0 a 0, il biondo-nordico Eidefjall calcia una punizione micidiale all'incrocio dei pali. Gandolfi vola come un angelo e toglie di porta un pallone che tutto lo stadio aveva già visto dentro mandandolo in calcio d’angolo, e il glorioso Ferraris dove è passata la storia del calcio italiano esplode in un applauso che sembra non finire mai, facendo capire a tutti che Gandolfi è entrato di colpo nel cuore dei tifosi e dunque nella storia del Genoa.
Cresciuto nei ragazzi del Torino, i famosi "Balon-boys" di Balonceri, dove era stato portato da Olivieri, il celebre portiere del trio Olivieri-Foni-Rava campione del mondo nel 1938 con l'Italia di Vittorio Pozzo, che lo aveva visto giocare bambino nello spiazzo del palazzo dove era inquilino. Gandolfi era sopravvissuto a Superga per una circostanza che subito gli era apparsa un'ingiustizia.
Gandolfi era portiere di riserva del grande Bacigalupo, e il viaggio in Portogallo gli toccava senza dubbio. Senonchè il mitico Ballarin, colonna difensiva del Torino, chiese con forza che in Portogallo andasse come portiere di riserva suo fratello che era terzo portiere. I dirigenti pensarono di accontentarlo per timore che Ballarin, contrariato, rovinasse il clima dello spogliatoio in vista dell'importantissima partita con l'Inter la domenica successiva. E fu così che Gandolfi scampò alla tragedia.
Qualche tempo dopo venne preso in comproprietà dal Genoa, poi venne dato in prestito al Legnano e alla Lazio, e infine approdò definitivamente al Genoa.
Gandolfi ha onorato la maglia rossoblù per svariati anni, presente in partite rimaste mitiche come il 4 a 3 sull'Inter, rimontando da 1 a 3 nel secondo tempo, il giorno di Natale del '55, il 3 a 1 sulla Fiorentina campione d'Italia imbattuta all'ultima di campionato nel giugno del '56 e battuta al Ferraris da Genoa, o il 3 a 1 di Verona con due reti di Abbadie a poche domeniche dalla fine che valse la salvezza, anche grazie a Gandolfi che parò due rigori. Parare i rigori era una sua specialità. Ne parò 13 su 23, con una percentuale del 56.5% con la quale stabililì un record che durò fino agli anni '70 quando venne battuto da Tancredi portiere della Roma.
Era bravo anche nelle uscite alte dove bloccava il pallone in presa ferrea, cosa che piaceva ai tifosi, tanto è vero che ogni volta che usciva di porta e bloccava il pallone, c'era sempre qualcuno in grandinata Nord che gli urlava:
"Brau tenaggia".
Gandolfi, non è stato solo un bravo portiere. Era anche amante della pittura, che praticava fin da giovane nel tempo libero dagli allenamenti. Fece molta pittura figurativa, ma il su sogno era dipingere come Pollock. Cosa che gli riuscì in vecchiaia, osservando con occhio pittorico le scogliere di Nervi. Ed era appassionato di opera lirica, della quale era profondo intenditore, grazie al nonno che lo portava a Teatro fin da quando era bambino. Era una persona semplice e vera, ricca di interessi e con mentalità aperta. Di quelle che non si possono dimenticare.
Andavo a trovarlo ogni tanto al Porticciolo di Nervi, quello della scritta: “Più mi tradisci e più ti amo!” e parlavamo di Genoa. A volte di pittura. Mi spiegava come fosse riuscito ad arrivare all’astrattismo di Pollock osservando la scogliera.
Ma un mattino del 2011 mi ritrovo nella chiesa dell’Assunta di Nervi per un triste commiato. Cinquantotto anni dopo quella domenica di Pasqua del '53, Gandolfi è volato ancora. Questa volta in cielo, angelo tra gli angeli, a incontrare Melandri l'avvocato, Frizzi detto "Pattinella", Carapellese capitano coraggioso, "Roccia" Dalmonte e tutti gli altri suoi compagni di un Genoa per me indimenticabile, che mi faceva sentire orgoglioso dei colori rossoblù.
Francesco Venturelli