Scamacca e la rivoluzione di Maran, ecco servita la rimonta nel derby

27.11.2020 11:02 di Pierluigi Gambino   vedi letture

Dalle ceneri del peggior primo tempo della stagione, il Genoa si produce in una metamorfosi totale, facendo suo un derby povero di conseguenze pratiche – la Juve nel prossimo turno è un avversario troppo più forte per autorizzare qualche speranza – ma ricchissimo di significato sotto l'aspetto psicologico.

Un successo tutto sommato legittimo, scaturito da una rinascita figlia dei cambi di assetto (il passaggio alla “quattro” difensiva)  e, soprattutto, di formazione operati da mister Maran. Il Grifo del primo tempo ha superato raramente la metà campo anche dopo essere andato sotto nel punteggio: dominato in lungo e in largo, incapace di una minima reazione, in balia degli eventi. Una squadra inguardabile, senza capo né coda, sovrastata tatticamente e tecnicamente: come se tra le due “cugine” l'abisso fosse lungo chilometri e assolutamente incolmabile.

Il centrocampo rossoblù è stato di una pochezza assoluta. Rovella, evidentemente indebolito dalla gastroenterite e forse stanco per il tour de force cui stato costretto in questi primi mesi, non ne ha azzeccata una, lasciandosi pure svellere dai piedi la palla del vantaggio doriano, e al suo fianco Zajc ha confermato certi limiti fisici e di personalità che ne pongono in serio dubbio l'idoneità al nostro massimo campionato. Il povero Sturaro, terzo asse della mediana, ha cercato di mettere qualche pezza, riuscendoci solo in parte anche perché malamente assistito da due esterni – Ghiglione e Pellegrini – privi di iniziativa, mai nella giusta posizione e preda di avversari assai più tonici. Neppure Scamacca, isolato là davanti, ha potuto rendersi insidioso, pagando pure l'handicap di ambientamento e di preparazione atletica accusato sin dai primi minuti dal suo nuovo partner Shomurodov, un pesce fuor d'acqua. Se non altro, la difesa ha limitato a tre gli autentici pericoli corsi: merito soprattutto del rientrante Zapata, davvero indispensabile.

Mister Maran ha però avuto l'umiltà e la perspicacia necessarie per cambiare volto, nell'intervallo, al reparto centrale. Badelj ha preso in mano il gioco, assistito alla grande da Melegoni – finalmente uno con “gamba” - e, a ripresa in corso, da Lerager. Il resto l'ha fatto la Samp, in calo verticale, ma le prestazioni dei tre nuovi centrocampisti va rimarcata, al pari di quella di Pellegrini, finalmente padrone della propria fascia. Non è un caso che sia partito dal suo piede il lancio in verticale per l'uzbeko, abile a servire Scamacca per il pari e a salvare almeno parzialmente la propria prestazione. Il pressing alto del Genoa, non più schiacciato al limite della propria area, ha permesso di recuperare vagonate di palloni e di sfruttare il contrattacco. Il risorto Pellegrini confezionava il sorpasso, propiziato da un'imperiosa incornata di Scamacca e dal tocco vincente di Lerager prima che l'ennesima ripartenza consentisse al bomber in prestito dal Sassuolo di confermare il proprio magic moment. Sarà lui, con la sua prepotente vitalità , a dover spingere il Genoa alla salvezza, magari con l'ausilio di un maiuscolo Marchetti che – subissato di critiche in questi suoi anni in Liguria-  ha ribadito che l'infortunio occorso a Perin potrà non risultare esiziale.

Peccato solo che nel finale Melegoni si sia accasciato per un guaio muscolare di una certa gravità. Anche lui – guarda caso – ha subito un'operazione al ginocchio che lo rende muscolarmente fragile al pari del portiere, di Zappacosta, dello stesso Sturaro, altro elemento a perenne rischio di ricaduta.

                    PIERLUIGI GAMBINO


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