Cambio di modulo e di giocatori, Prandelli infallibile a gara in corso
Un'altra vittoria di Cesare Prandelli, tecnico avveduto, navigato, razionale, sempre lucido. Tra le sue primarie prerogative, la capacità di “leggere” gli sviluppi tattici a gara in corso e, soprattutto, di cambiare le sorti di un incontro ricorrendo ai panchinari. Dopo un primo tempo inguardabile, tra i peggiori che si ricordino, chiuso sotto di un gol, il mister non ha esitato a far accomodare due elementi totalmente fuori registro, deleteri più che inutili: il lentissimo Radovanovic, ancora una volta rivelatosi inadeguato anche come schermo davanti alla difesa, e Lazovic, irritante nella sua pochezza di giornata, un vero e proprio peso morto.
Così la Lazio, incompleta, acciaccata e stanca per la superfatica di Europa League sostenuta solo tre giorni prima, non ha trovato le chiavi per controbattere la progressiva ascesa di un Grifone finalmente in undici uomini effettivi. Va rimarcato che il vantaggio biancazzurro all'intervallo non era rispondente al gioco e rappresentava il premio esagerato per una squadra che, prima di passare all'incasso nel finale – complice una difesa rossoblù schierata a presepe (tante belle statuine...) aveva rischiato almeno tre volte la capitolazione.
Dunque, un Genoa brutto sino al riposo ed una Lazietta che partecipava a questo festival degli orrori, materializzatosi in 45 minuti irripetibilmente noiosi. Era ovvio chiedersi, in tribuna, come potesse il Grifone, più o meno in formazione ottimale, limitarsi al lancio lungo verso il poco invidiabile Kouamé, unica freccia in una squadra di lentopedi. Mai una volta che la sfera passasse dal centro del campo, dove i rossoblù brillavano per assenza non solo di idee ma addirittura di uomini.
Con quel panorama così sconfortante, non serviva essere pregiati addetti ai lavori per capire che la coppia di slavi era il punto debole della squadra. Compreso pure che i capitolini sarebbero calati progressivamente sino a sparire dal campo, Prando ha cambiato modulo (dallo sterile 4-3-3 al 4-3-1-
2) chiedendo a Bessa, comunque vivace e propositivo, di sacrificarsi anche in copertura e all'”ex” Pandev, di gran lunga il genoano più dotato di classe, di agire tra le linee a supporto di Sanabria e di Kouamé, finalmente sganciato da quella posizione di esterno che scarsamente gli si addice. Al resto ha provveduto il destino, stavolta alleato del Genoa, salvato da una traversa provvidenziale e poi pervenuto al pareggio con Sanabria, che sino a quel momento era parso avulso dalla manovra, quasi assente. Il suo terzo sigillo genoano è stato anche fortunoso, ma quel rimpallo vincente è stato un segno che lui, in area, prima o poi il tocco vincente lo cava: come succede d'altronde ai centravanti rapinatori.
Il capolavoro del sorpasso, maturato in zona recupero, è stato il simbolo di un'altra resurrezione, stavolta di capitan Criscito, che nei precedenti novanta minuti aveva commesso errori inediti sia per numero, sia per gravità, anche nelle esecuzioni più semplici. Beninteso, il successo non fa una piega, anche se nessuno, a mezza gara, avrebbe potuto anche lontanamente immaginarlo. D'altronde, era doveroso nel finale approfittare di una Lazio sulle ginocchia, con un esordiente in campo e parecchi elementi che faticavano a restare in piedi. Il premio meritato per le scelte di un tecnico che fa miracoli ogni domenica col materiale non eccelso (specialmente nel reparto centrale) di cui dispone. Intanto, le sfide contro Lazio e Bologna gli avranno probabilmente aperto gli occhi sia sullo schieramento tattico da adottare in futuro, sia sugli uomini da schierare. Non ci stupiremmo se nel prosieguo di campionato si tornasse stabilmente al 4-3-1-2, con Bessa (e poi Pandev nella mezz'ora conclusiva, quando occorre recuperare) in rifinitura e Veloso nuovamente titolare, al fianco dell'imprescindibile “cacciapalloni” Rolon e di Lerager, dal quale peraltro si pretende ben altro apporto rispetto al compitino svolto ieri. Il Genoa era e resta un cantiere aperto, ed è tantissima roba poter discettare amabilmente di schemi e uomini senza più assilli legati ad una classifica che, un po' a sorpresa, spalanca perfino prospettive di aggancio su qualche gradino più in alto.
PIERLUIGI GAMBINO
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