IL GENOA PAGA LA STANCHEZZA E IL VIZIO DI CHIUDERSI NELLA RIPRESA

20.04.2024 15:15 di  Radazione Genoa News 1893   vedi letture

Portieri a parte, tutti i panchinari della Lazio giocherebbero titolari nelle ultime dieci formazioni di A. Se a ciò s'aggiunge che i biancazzurri nello scorso turno avevano anticipato al venerdì e il Grifo, non Certo provvisto di rincalzi parimenti valorosi, si era cimentato a Firenze solo quattro giorni fa, si trova almeno in parte la chiave della vittoria ospite a Marassi.

Il Genoa paga a carissimo prezzo la stanchezza figlia di un calendario pro-grandi e un difetto forse ineliminabile: la tendenza, nella ripresa, a rinculare progressivamente sino a concedere agli avversari un dominio territoriale che sfiora il monologo. La banda di Tudor è spuntatissima in prima linea, ma può schierare una pattuglia di palleggiatori che levati: spara lungamente coi fucili a tappi, ma è ineluttabile che prima o poi trovi il pertugio vincente. Gol nato da un ritardo fatale di Vasquez (per il resto, tra i migliori in assolito) nella chusura a sinistra e da una totale assenza di genoani pronti a scattare, sul cross corto di Kamada, verso Luis Alberto, appostato a centro area, per respingergli la conclusione.

Alla fine, i numeri nudi e crudi diranno che la Lazio, seconda l'anno scorso e adesso in piena corsa per una poltrona Champions, ha sfiorato il palo una volta con Anderson nel primo tempo e concretizzato l'opportunità di cui sopra. Poco, ma quanto è bastato per espugnare il Ferraris a danno di un Genoa che, pur subendo la superiorità territoriale degli ospiti, nel primo tempo si era reso assai più pericoloso. Da sottolineare la splendida azione avviata da Strootman, proseguita con un tacco al volo di Gudmundsson e conclusa con una bordata di Retegui alta di mezzo metro: sarebbe stato il gol della settimana. E che dire dell'occasionissima sciupata da Ekuban appena prima dell'intervallo? Dopo una fuga di quaranta metri, invece di servire due compgni liberissimi, ha deciso di giocarsela personalmente sparacchiando in diagonale fuori di un niente. Purtroppo, si è trattato dell'ultimo sussulto di un Genoa andato via via sfarinandosi prima di ravvivarsi, ma senza particolari acuti, nei minuti conclusivi, quando in campo giostravano i “rilievi” Badelj, Ankeje e Sabelli. In area laziale un paio di mischioni e null'altro; poco per equilibrare anche nel giudizio globale il predominio biancoceleste sfociato nel vantaggio.

Non esaltante l'esperimento di Gudmundsson mezzala alle spalle di Ekuban e Retegui. L'islandese ha latitato a lungo, avulso dal gioco, mentre l'italo-argentino si è battuto anche tornando a metà campo per fare legna, ma la carenza di pallottole in zona gol lo ha progressivamente fiaccato.

Forse tardivo il ricorso alla difesa a quattro, cui Gilardino ricorre solo quando occorre rimontare, ma a prescindere dal modulo la zona nevralgica è stata sguarnita totalmente da un manipolo capace solo di attivare le punte con lanci alti e lunghi, a scavalcare la linea mediana. Una tattica che può riuscire contro una provinciale, non di fronte ad un undici fortissimo in mezzo.

La sconfitta, a l cospetto di siffatto avversario, non è un disonore, anche se quella mezz'oretta trascorsa in apnea è stata la copia in carta carbone di troppe gare precedenti, specialmente in trasferta. Il Genoa è questo, nel bene come nel male: non domina mai e si affida esclusivamente alle fiammate dei suoi campioni. Al popolo rossoblù, comunque, sta benissimo così: i risultatisti, ben più numerosi degli esteti, hanno dedicato un coro assordante ad Alberto Gilardino sia a metà ripresa, sia al fischio finale. Basterà per convincere il tecnico a restare anche l'anno prossimo e alla società a confermarlo nonostante certe perplessità legate proprio al gioco espresso?

                          PIERLUIGI GAMBINO


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