Genoa, non basta Pavoletti per tornare in carreggiata
Premessa: il Genoa ha perso un derby che avrebbe potuto vincere (se fosse stato convalidato il gol di Pandev, chissà come sarebbe finita), pareggiare nel finale (è andata due volte vicina al bersaglio) e anche perdere con scarto superiore. Un doppio episodio nella stessa azione (traversa di Burdisso e tap-in invalidato del macedone) ha impedito il vantaggio parziale che avrebbe rappresentato una svolta, ma anche la Samp ha colpito un legno e in sovrappiù ha fallito un rigore e in altre circostanze ha seriamente impegnato Perin.
Detto del risultato e di tutti i condizionali ad esso legati, sarebbe ingiusto negare i meriti dei “cugini”, che non hanno rubato nulla ed hanno interpretato meglio il match. Il Grifo è parso superiore nell'ultima fetta dei due tempi, in tutto una ventina di minuti, non certo sufficienti a guadagnarsi un giudizio lusinghiero. La verità è che Juric, tecnico sanguigno e concreto, si è visto rubare la parte in commedia dal dirimpettaio Giampaolo, che ha giocato la gara con le armi storicamente prerogativa dei rossoblù. Troppo a lungo la squadra del presidente Preziosi è parsa flaccida come un budino, impalpabile a centrocampo, fragile in retrovia ed inerme in avanti. La Samp ha colpito nel punto debole del Genoa, così come fece il Sassuolo, dominato territorialmente: lanci lunghi a scavalcare la zona mediana per giocare negli spazi con uno scattista come Muriel. Gli avversari sono caduti nel tranello, ruminando a lungo un gioco ripetitivo e monotono, irto di stucchevoli passeggetti orizzontali.
La sensazione è che la fase difensiva funzioni nella Maginot o con antagonisti lenti e prevedibili, ma se presa in velocità e in campo patisca. Juric ha sbagliato ad accorgersi tardi che sul fronte mancino le sofferenze erano indicibili per le carenze di Orban e la copertura flebile di un Laxalt costretto dal copione – e dalle sue caratteristiche – ad offendere più che a coprire.
Il Genoa si è risvegliato solo nel finale, complici l'innesto di Pavoletti (rischioso, ma ne valeva la pena) e Ninkovic (possibile che il golden boy abbia solo un quarto d'ora nelle gambe?) e qualche cervellotica sostituzione di Giampaolo (vedi in primis Alvarez per Fernades, tra i migliori). Certo, un centravanti vero in avanscoperta cambia le carte in tavola, in specie se il suo sostituto, Simeone, è bravo solo in area, dove non piovevano un pallone che era uno. E di sicuro Lazovic, esimio crossatore, e forse Ocampos (che resta peraltro un'incognita), altri illustri assenti, avrebbero potuto arrecare qualche pericolo in più a Puggioni, ma la trama genoana è stata lungo asfittica a prescindere. Passi per Rincon, che non ha ripetuto la fantastica recita di una settimana prima ma resta un fantastico mediano, però la presenza e l'apporto di Veloso meritano un approfondimento. Il portoghese sarà anche recordman nei chilometri percorsi ed è senz'altro il più dotato tecnicamente, ma se ogni sua azione è condotta a ritmo dopolavoristico (come si usa da sempre nel calcio lusitano) e sfocia in appoggi laterali o scontati dopo aver stoppato palla ed essersi guardato attentamente in giro, non si va troppo lontano. Sarà un caso, ma nel finale, quando anche il Grifo ha iniziato a buttare avanti la sfera con bordate di cinquanta metri abbandonando lo sterile ricamo in posizione arretrata, la porta doriana ha corso seri pericoli.
Con un Pavoletti nel motore si prospetta un Genoa ben più presentabile ma non illudiamoci che basti lui per sciogliere alcuni nodi. Sarebbe ingiusto buttare via il bimbo con l'acqua sporca per un derby finito a ramengo e ancor più assurdo posare gli occhi verso la zona baratro dopo un mese iniziale di gloria e baldoria (troppe le squadre materasso per potersi preoccupare), ma non trascuriamo neppure quanto recita il calendario: fatto salvo il Palermo, tutte le più deboli sono già state affrontate e nel futuro a breve e media gittata la Juric Band è attesa da avversari più che rispettabili. Occorre una svegliata generale ben prima che – come ogni anno – il Joker ci metta una pezza sul mercato di gennaio, dove dà sempre il meglio di sé:
PIERLUIGI GAMBINO
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