Momenti di storia: attacco all'arbitro, gancio al guardalinee
Quinto appuntamento per la nostra rubrica "Momenti di storia", curata per noi dal grande tifoso e appassionato di storia rossoblù Francesco Venturelli, che come sempre ringraziamo.
Buona lettura:
Attacco all'arbitro, gancio al guardalinee
C’è stata un’epoca in cui Marassi era un incubo per avversari e arbitri. I tifosi del Genoa erano i più “caldi” d’Italia e non usavano mezze misure per dare addosso a chi, a loro giudizio, danneggiasse il Genoa.
Lo zoccolo duro era costituito dai portuali della Nord, che non avevano paura di niente. Nel ‘48 il Grande Torino, vittorioso di misura al Ferraris in modo non gradito dai tifosi rossoblù, finisce vittima di un agguato in piazza Manin (a quei tempi l’entrata Est dell’autostrada non c’era e bisognava andare a Sampierdarena) .
Un manipolo di genoani, infatti, salita Scalinata Montaldo a tutta velocità, aspetta il pullman del Torino e appena spunta lo sottopone ad una fitta sassaiola che fa andare in pezzi tutti i vetri dei finestrini.
Negli anni ’50 l’assedio all’arbitro da parte dei tifosi genoani che circondavano il Ferraris a fine partita era un classico ogni volta che il Genoa veniva danneggiato dalle cosiddette giacchette nere. Spesso l’arbitro doveva uscire nascosto in un cellulare della polizia, o vestito da poliziotto.
Ma agli inizi degli anni ’60, in un Genoa – Catania alla seconda di campionato, i tifosi non aspettano la fine e decidono di intervenire a partita in corso.
Tornato in A con una cavalcata entusiasmante, dopo due anni di purgatorio a seguito della drammatica retrocessione del 1960, il Genoa non ha soldi per rinforzare adeguatamente la squadra. La struttura è quella della B, basata soprattutto sui buoni giocatori avuti in prestito dall’Inter l’anno precedente, da pagare con un monte di cambiali.
Si salva per miracolo all’ultima giornata battendo il forte Bologna per 1 a 0, gol di testa di Carletto Galli detto “Testina d’oro” sotto la Sud, dopo aver messo in bella mostra nelle ultime partite un ragazzo arrivato da Como di nome Meroni.
Per il campionato successivo sono annunciate ben poche novità. La più importante si chiama Santos, e fa l’allenatore. E’ argentino, il Torino lo aveva preso anni prima come giocatore, era un mezzo sinistro dal tiro molto potente. Porta con sè dal Torino due giocatori: Piaceri, centravanti, e il giovanissimo Fossati, terzino di grandi promesse.
Santos ci sa fare, organizza una difesa bunker con Bassi, stopper di scuola alessandrina, al posto di Colombo, che viene impostato come libero capace anche di fare gioco e non solo spazzare l’area; mediano Rivara, il “Tigre” rossoblù, cresciuto in Società, genoano purosangue. Bagnasco e Bruno terzini col giovane Fossati, mezzali Locatelli, un bandolero stanco argentino di gran classe, e il vecchio Pantaleoni, polmone del centrocampo. Ala sinistra il formidabile cannoniere Bean ex Milan, e all’ala destra l’estroso Meroni, dribblatore imprendibile, con Bicicli e Baveni contitolari.
L’esordio è a Bologna, la squadra con la quale avevamo finito il campionato precedente, battendola. E anche questa volta gli facciamo uno scherzetto, ottenendo il pareggio in casa loro.
La domenica successiva, seconda di campionato, arriva al Ferraris il Catania di Szymaniak, un “destaque” tedesco padrone del centrocampo. La gara gira storta per il Genoa che si trova ad inseguire: 0 a 1. La reazione dei rossoblù è veemente, La Nord spinge i giocatori soffiando nelle maglie, il catino di Marassi echeggia di intensi boati che sottolineano azione dopo azione, ma non c’è niente da fare, il Catania resiste. Non solo, ma va sul 2 a 0.
Il Genoa non si arrende e i tifosi nemmeno. Ce l’hanno con l’arbitro, signor Grignani, reo di aver danneggiato il Genoa concedendo un rigore ai siciliani e negandone uno ai propri beniamini.
Il Ferraris è una bolgia. Ogni intervento dell’arbitro viene sonoramente fischiato. La giacchetta nera va in difficoltà. Addirittura peggiore la sorte del guardialinee lato Distinti, colpevole di aver suggerito all’arbitro il rigore contro il Genoa e di non aver segnalato un rigore clamoroso per il Genoa. E’ continuamente sommerso da insulti. E i tifosi del parterre Distinti raccolgono terriccio da terra e glielo tirano addosso.
Il tempo passa, il Genoa non riesce a segnare e i tifosi intensificano la loro ostilità contro arbitro e segnalinee.
Il parterre della Nord, colmo all’inverosimile, bolle come una pentola di minestrone. A un certo momento alcuni tifosi si attaccano alla rete di cinta e cominciano a scalarla, seguiti da altri tifosi. Sembra un arrembaggio di una nave pirata. I più intraprendenti arrivano in cima e si sistemano a cavalcioni della recinzione, minacciosi come uccellacci predatori, pronti a volare in campo e fare dell’arbitro un solo boccone.
Intanto il Genoa continua ad attaccare e il Catania non molla di un millimetro. I boati che sottolineano le azioni si fanno sempre più intensi. Stessa cosa per le sonore fischiate all’arbitro ogni volta che non interviene a favore del Genoa.
Ad un cero momento i tifosi hanno la sensazione netta che l’arbitro non riesca più a controllare la partita. E’ nel pallone. E la conferma viene poco dopo quando un tiro di Bicicli coglie in pieno il palo lato distinti e rimbalza in campo. L’arbitro interpreta chissà cosa e assegna un calcio d’angolo al Genoa.
E’ il segno tangibile che non riesce più a gestire la partita e un gruppo di tifosi si lascia immediatamente cadere dalla rete di cinta in campo, mentre altri tifosi continuano a scalare la recinzione. L’arbitro è spaventato. I giocatori del Genoa, Pantaleoni in testa, sono pronti a circondarlo per proteggerlo.
L’atteggiamento dei tifosi è minaccioso e volano insulti, ma i giocatori del Genoa riescono ad evitare il contatto fisico tra tifosi e arbitro.
Mentre tutto questo accade sotto la Nord, calamitando l’attenzione di tutti, giornalisti compresi, dal lato distinti, zona centrale, un tifoso isolato scala la rete, vola in campo e si lancia sul segnalinee, considerato il principale colpevole dello 0 a 2 che sta subendo il Genoa.
Il segnalinee cerca di mantenere le distanze, minacciando il tifoso con l’asta della bandierina, con la quale fa il possibile per difendersi.
Ma tutto è vano. Il tifoso schiva i colpi di bandierina, riesce a giungere a contatto con “l’odiato” nemico e lo colpisce con un tremendo gancio alla mascella.
Alla fine il Genoa perde, ma "giustizia" è fatta!!
Francesco Venturelli
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