A TORINO UN GENOA DAI DUE VOLTI, ENTRAMBI GRADEVOLI
Un Genoa a due Volti, entrambi gradevoli, ed ecco materializzarsi un pareggio di oro zecchino allo Stadium. E' indubbio che la Juve attuale stia arrancando e che se fosse riuscita a vincere non avrebbe perpetrato un furto, ma il Genoa non avrebbe assolutamente meritato l'onta della terza sconfitta consecutiva.
Nello stesso match i rossoblù hanno dimostrato di potersela battere alla pari con un avversario così blasonato e poi, nel periodo di pressione più intensa dei padroni di casa, si sono rivelati capaci di stringere i denti, serrare le fila e diventare impermeabili. Alla fin fine, è arrivata a Gilardino una doppia risposta assolutamente confortante.
Il biellese ha deciso di giocarsela, forse spinto a ciò da una classifica tranquillizzante: l'ingresso dal primo minuto di un terzo attaccante, Vitinha, con Gudmundsson arretrato in zona raccordo, è stato un messaggio eloquente, che per un tempo intero si è concretizzato in una superiorità non schiacciante ma chiara a livello di qualità di gioco, spirito di iniziativa, lucidità. Una lezioncina impartita da una matricola alle stelle piuttosto opache del firmamento allegriano, vittime di un black-out prolungato.
Ed ecco il portoghese far impazzire con le sue accelerate Danilo, costretto a farsi ammonire e Spence che, impiegato come esterno destro, ha annullato Chiesa spezzando ogni trama bianconera, mentre Bani spegneva gli ardori di un Vlahovic inconcludente. La palla stazionava più nella metà campo dei locali che in quella ospite: un predominio figlio di una perfetta organizzazione tattica e di una diffusa vivacità. Il solo a latitare è stato il più atteso, Retegui, che intendeva inviare una letterina al Ct Spalletti, ma invece è finito nelle grinfie di un Bremer tirato a lucido, che gli ha impedito non solo di concludere ma anche di fare sponda.
All'intervallo, il pari era persin stretto ai baldi rossoblù, cui forse è mancata quella pericolosità necessaria per concretizzare la mole di gioco prodotta: nel taccuino della cronaca infatti si registra solo un colpo di testa in apertura di Bani, con maiuscola risposta del portiere juventuno. Purtutttavia, almeno stavolta gli elogi e il risultato parziale ad occhiali risultavano un bottino più che soddisfacente.
A ben altra contesa si è assistito nella ripresa. D'altronde, era impossibile che Madama potesse proseguire su quei livelli francamente inaccettabili. Più il ritmo delle giocate bianconere saliva, più il Genoa indietreggiava, ma senza mai scomporsi o mostrarsi in angustie. Una Maginot ermetica, senza un solo punto debole. Ovvio che, a furia di spingere, la Vecchia Signora, innervata da panchinari ben più tonici dei titolari, giungesse ad un niente dal vantaggio. E' successo nei primi minuti, con un diagonale di Iling-Junior che ha accarezzato il palo di sinistra e, nel finale, con Kean che il montante di destra lo ha centrato in pieno. Le due sole opportunità concesse da una difesa inappuntabile a livello di reparto e di individualità.
Anche stavolta il Genoa, come in parecchie circostanze nel girone di andata, ha subito un lungo assedio, ma il fatto che la terza in classifica abbia sudato copiosamente per procurarsi appena due conclusioni suona ad elogio per un antagonista propenso al sacrificio, combattivo, sempre sul pezzo e mai distratto o superficiale nelle chiusure.
Ad essere pignoli, si può rimarcare l'incapacità dei rossoblù di allentare la pressione bianconera tenendo palla oltre la metà campo e impaurendo i gendarmi di casa, ma forse pretendiamo molto da una squadra fisicamente meno strutturata e priva sia di un centravanti-boa, sia di un autentico contropiedista.
Da condividere anche i cambi effettuati da Gilardino nel corso dopo il riposo: a metà tempo Strootman per un Frendrup troppo leggero e stanco e Malinovskyi per Gudmundsson, che neppure stavolta – con addosso gli occhi dei dirigenti bianconeri a fissarne le iniziative in prospettiva della prossima stagione - ha fugato certe ombre sul suo rendimento. Al 34' ecco, per un Retegui che ormai si stava trascurando per il campo, i primi minuti in rossoblù di Ankeye, ovviamente ingiudicabile come incursore. Più tardi, esordio pure per Bohinen (serviva il suo fisicaccio) e per Cittadini, il cui impiego sa tanto di inversione nelle gerarchie a danno di Vogliacco, bocciato una settimana fa.
PIERLUIGI GAMBINO
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