Campionato 1924/25: non sarà mai uno scudetto di cartone
Far scivolare nelle mani del custode del campo 20 lire e ottenere di giocare la quinta finale di Lega Nord 1924/25 coi propri tre palloni portati appositamente da Bologna.
E per essere certo che ciò veramente accada, ritirare quelli con cui si sarebbe dovuto disputare la partita, e assicurarsi che alla propria squadra siano riservati gli spogliatoi più grandi e comodi di un piccolo stadio di periferia, fino a quel momento teatro soltanto di gare delle categorie inferiori e che invece, in una mattina di tremenda canicola agostana, si trovava improvvisamente al centro delle cronache sportive di tutta Italia.
Sembra un fotogramma di uno dei più avvincenti thriller cinematografici, ma invece è una scena vera, realmente accaduta novantadue anni fa, che si aggiunge a tutte quelle, innumerevoli, che fecero del campionato di Lega Nord 1924/25 la più grande ingiustizia della storia del calcio italiano.
Quello che, tanto per intenderci, non sarà mai uno “ scudetto di cartone “ nel caso in cui il Genoa ne chiedesse il sacrosanto riconoscimento, anche fosse ex-aequo col Bologna, in nome della valorizzazione del proprio brand e della propria storia. E di giustizia nei confronti di quei ragazzi di mister Garbutt che diedero l’anima per i colori rossoblù e che materializzarono la leggenda del Grifone fino ai nostri giorni.
A far quindi scivolare le 20 lire nelle mani del custode del campo della “ Forza e Coraggio “ di Milano Vigentino fu l’allenatore felsineo Hermann Felsner, accompagnato dal dirigente Ettore Sabattini il giorno prima della partita, ossia l’8 Agosto, per un sopralluogo preliminare del campo.
A raccontare il fatto fu lo stesso Sabattini sul fascicolo de “ La Gazzetta dello Sport “ in occasione del 70° anniversario della fondazione del club emiliano “ Il Bologna ha 70 anni, viaggio tra le grandi del calcio: come siamo diventati i più forti “.
Un episodio raccontato quindi molto tempo fa ma passato quasi completamente inosservato nelle misteriose vicende di quelle cinque finali, e che invece ai giorni nostri acquista un notevole significato nell’ambito di una paziente e lunga ricerca d’archivio, che dimostra come in quelle partite fu impedito al Genoa di conquistare il decimo alloro della sua grande e mirabolante storia.
Un aneddoto che fa capire come anche la Federazione Italiana Gioco Calcio, nell’imminenza di essere travolta da Leandro Arpinati e dal regime fascista, fu pesantemente influenzata nelle sue decisioni e di fatto addirittura costretta ad annullare deliberazioni e gravi sanzioni disciplinari contro un Bologna ormai chiaramente spalleggiato dal potere politico di quel tempo.
I fatti di quelle cinque, celeberrime finali del resto sono ormai noti a tutti, e soprattutto i genoani sanno come quel furto incise profondamente nella storia della loro squadra del cuore.
Dalla cinica e fantastica vittoria del Genoa il 24 Maggio 1925 allo stadio Sterlino per 2-1, per mano dell’ex bolognese Alberti ed uno dei bomber rossoblù ognitempo Edoardo Catto, all’inopinata, inaspettata e quanto mai sfortunata sconfitta interna della settimana successiva a Marassi maturata col medesimo punteggio, che con l’ausilio di una fatale incertezza del grande e mitico Giovanni De Prà a sette minuti dalla fine costringe De Vecchi e compagni alla terza finale del 7 Giugno a Milano sul campo di Viale Lombardia.
Il sole a strapiombo, la folla traboccante, gli squadristi bolognesi che rompono le recinzioni e, insieme agli altri tifosi, si riversano sul campo, l’avv. Mauro, il migliore arbitro del momento, che già prima di iniziare il match minaccia di sospenderlo dopo quindici minuti di gioco qualora non arrivino duecento agenti per la sicurezza, ma che poi invece lo manda avanti perché il Grifone schianta il Bologna e chiude il primo tempo in vantaggio di due reti ad opera ancora di Catto e Alberti, sono tutte immagini della storia arrivate fino a noi a testimoniare la drammaticità sportiva in cui si giocano quelle partite.
E l’apice del dramma lo si ha proprio al 16° del secondo tempo di quella terza finale.
Il Genoa ha appena sfiorato la terza rete con Neri e Catto, quando Muzzioli in contropiede sulla sinistra salta Bellini e spara una fucilata che finisce appena a lato lambendo il palo difeso da De Prà.
Ma uno spettatore assiepato sulla linea di fondo ricaccia il pallone dentro alla porta facendolo passare attraverso un evidente strappo nella parte inferiore rete.
Ed ecco allora altre terribili immagini. L’avv. Mauro fischia il corner per il Bologna, gli squadristi ed i tifosi emiliani invadono il campo e assediano l’arbitro. Lo spintonano, lo minacciano e lo strapazzano perché vogliono convalidato il gol. Mauro allora afferra il pallone, sospende il match e si incammina verso gli spogliatoi. Arrivato a centrocampo viene aggredito da un tifoso che tenta di sferrargli un pugno, allora lui si spaventa, torna indietro, viene avvicinato da Leandro Arpinati, federale di Bologna e dirigente della F.I.G.C., che lo “ prega “ di portare a termine il match. Lui allora da quel momento lo conduce “ pro-forma “ con tanto di comunicazione data a capitan De Vecchi, il quale poi, proprio per questa assicurazione dell’arbitro, si rifiuta di far scendere i compagni in campo per i tempi supplementari dopo il pareggio del Bologna avvenuto anch’esso con un’evidente azione irregolare.
Mauro però ha ormai paura. Pressato dalle minacce subite e dagli “ inviti “ di Arpinati, compila il referto sorvolando sull’episodio del gol fantasma di Muzzioli, mettendo però in grosso risalto l’ambiente problematico del match, che invece fino al 16° del secondo tempo si è svolto in modo assolutamente regolare.
Quindi il Consiglio Federale, compiendo una grossa ingiustizia, accoglie il referto di Mauro e dispone la ripetizione della partita il 5 Luglio a Torino, che termina con un ulteriore risultato di parità per 1-1 con gravi incidenti alla stazione di Porta Nuova, dove gli squadristi presenti sul treno dei tifosi bolognesi sparano contro i sostenitori genoani ferendo due persone.
A questo punto la situazione precipita. Tutta l’Italia è indignata per questi fatti di cronaca nera e la Federcalcio, essendosi ormai accorta di come quelle finali siano inquinate dai poteri politici, delibera contro il Bologna esigendo la cattura di colpevoli necessariamente registrati dalla società che ha organizzato il treno speciale. E lo fa fissando un termine, il 31 Luglio, superato il quale i felsinei saranno squalificati in base all’art. 22 da ogni competizione sportiva, con conseguente assegnazione del titolo al Genoa.
Da Bologna scoppia la rivolta. Il 20 Luglio i tifosi bolognesi, con l’appoggio delle autorità fasciste locali, inveiscono contro la Federcalcio auspicandone il rovesciamento dei vertici, mentre il Bologna emana un comunicato dove esprime solidarietà al Direttorio del club dandogli anzi pieno mandato nella vertenza in corso. Ormai è muro contro muro a pochi giorni dalla scadenza dell’ultimatum federale e nessuno sa se a questo punto la quinta finale sarà mai disputata.
Sembra tutto compromesso per gli emiliani quando interviene il prefetto di Bologna Arturo Bocchini, che con un espresso chiede di fatto al Ministero dell’Interno di far annullare la delibera federale, avvertendo che se il Bologna fosse estromesso dalle competizioni sportive ci sarebbero gravi ripercussioni sull’ordine pubblico.
La F.I.G.C. è ora accerchiata. Da una parte Arpinati, con i suoi collaboratori in procinto di rovesciarne i vertici, e dall’altra le istituzioni, in pressing perché siano annullate al Bologna tutte le sanzioni disciplinari.
E’ il 26 Luglio e a Parma c’è in programma l’assemblea di Lega. Enrico Sabattini è grande amico dell’Ing. Malvano, vicepresidente della Juventus ed in procinto di assumere anche la vicepresidenza nei nuovi quadri della Lega, il cui vecchio Consiglio si presenta dimissionario a causa dei fatti della terza finale del 7 Giugno a Milano.
Inutile dire che la Juventus ha ancora il dente avvelenato nei confronti del Genoa per la nota vicenda del giocatore Rosetta, che impedì due anni prima ai bianconeri di contendere lo scudetto proprio ai rossoblù. Malvano avvicina Sabattini e lo informa sulla sua intenzione di chiedere all’assemblea, in nome dell’amore verso il calcio italiano, di far disputare la finale, cancellando con un colpo di spugna, come se nulla fosse successo, tutte le delibere federali precedentemente emanate.
E così avviene. Malvano arringa appassionatamente l’assemblea, la trascina con tono accorato e coinvolgente fino a quando per acclamazione ottiene di chiedere alla F.I.G.C. di mettere immediatamente in calendario la partita, cancellando così ogni sanzione a carico del Bologna.
Il Consiglio Federale, assediato da tutte le parti, non può far altro che accogliere la richiesta e mettere subito in programma la quinta finale per il 9 Agosto.
Il Genoa, essendo la stagione ormai terminata, ha appena e legittimamente mandato in vacanza i suoi giocatori, mentre il Bologna, evidentemente sapendo che in qualche modo si sarebbe giocata la partita a breve termine, ha continuato gli allenamenti presentandosi così alla finale nettamente più in forma degli uomini di Garbutt.
Le autorità dispongono di far giocare la partita a porte chiuse al pubblico ma depistano anche eventuali incursioni dei tifosi annunciando la partita a Torino quando invece, in tutta segretezza, si disputa a Milano Vigentino alle 7 del mattino.
Tutte le cronache dell’epoca testimoniano come il Genoa cede improvvisamente di schianto, fisicamente e moralmente, questa volta battuto da vicende che poco avevano a che fare con lo sport.
Il Bologna vince quindi due a zero, nonostante Cesare Alberti al 3° del primo tempo fallisca la più clamorosa delle occasioni da gol per portare il Genoa in vantaggio, mettendo incredibilmente tra le gambe del portiere avversario un pallone che, sotto porta, chiedeva soltanto di essere appoggiato in rete.
Già, i palloni di Felsner della quinta finale.
Forse molti sanno che ancor oggi è possibile reperire attraverso il web un video girato moltissimi anni fa su un confronto avvenuto tra il leggendario Giovanni De Prà ed Ettore Sabattini, ormai in età avanzata, proprio sulle vicende delle cinque finali tra Genoa e Bologna. Tra le tante ed ovvie diatribe senza possibilità di soluzione, ecco improvvisamente De Prà affermare che Genovesi, grande mediano di quel Bologna e della Nazionale, gli aveva un giorno confessato che la quinta finale del 9 Agosto si era giocata coi palloni portati da Felsner, e lo stesso De Prà sosteneva con forza che fossero notevolmente più leggeri di quelli usuali.
Del resto, come detto, fu proprio Sabattini a confermare tutto ciò qualche anno dopo a “ La Gazzetta dello Sport “.
Alla “ rosea “ Sabattini racconta di essere andato il giorno prima del match insieme a Felsner per condurre un sopralluogo sul campo della “ Forza e Coraggio “ che il Genoa non ha assolutamente la possibilità di fare. L’allenatore porta con sé tre palloni ed una volta arrivato sul campo, tasta il terreno e misura l’altezza dell’erba per decidere l’altezza dei bulloni che farà applicare alle scarpe dei suoi giocatori.
A questo punto Sabattini dichiara che “ visitiamo gli spogliatoi, facciamo la conoscenza del custode, in tasca del quale facciamo scivolare 20 lire. Così otteniamo che il più spazioso spogliatoio sia a noi riservato e soprattutto che la partita venga giocata con i nostri palloni. Il custode non ha difficoltà ad accogliere le nostre richieste ed in garanzia ci dà i tre palloni che egli aveva già approntato. Felsner provvede di persona a gonfiare i palloni che serviranno per la partita. In verità – continua Sabattini nel suo racconto – io non trovo una sensibile differenza a nostro vantaggio dallo scambio di palloni, ma Felsner invece ci tiene moltissimo. Quando risaliamo in carrozzella egli è ilare e contento. Evidentemente si tratterà di una sua diavoleria per propiziare la vittoria “.
Se quei palloni fossero stati come gli altri, qual’era allora la necessità di pagare il custode per giocare con quelli la partita e ritirare gli altri in dotazione forniti dagli organi federali? Perché fu proprio Felsner a gonfiarli a suo piacimento? Perché i dirigenti bolognesi poterono fare un sopralluogo sul campo il giorno precedente al match, mentre quelli genoani furono proiettati allo stadio all’ultimo momento come pacchi postali? Perché al Bologna furono riservati i più grandi e comodi spogliatoi creando anche le condizioni psicologiche migliori nei suoi giocatori?
Sono tutte domande per le quali non esistono altre risposte se non una sola: tutte le finali di Lega Nord 1924/25 furono macchiate da gravi irregolarità anche e soprattutto esterne al calcio, che impedirono al Genoa Cricket and Football Club di conquistare il decimo scudetto della sua storia.
Pertanto la F.I.G.C. dovrebbe porre un sereno atto di giustizia, e quanto meno considerare Genoa e Bologna campioni d’Italia con la formula dell’ex-aequo.
Perché un simile riconoscimento, che valorizzerebbe enormemente il brand del Grifone attirando ulteriormente investimenti e capitali, non potrà mai essere uno “ scudetto di cartone “.
Giancarlo Rizzoglio
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